J.M. Barrie: Non sono abbastanza giovane per sapere tutto. Proviamo a tornare giovani con i progetti in cerca di collaboratori del Pennazzi’s blog (Un paio di piedi per tante scarpe):
Sono talmente ecologico da riciclare anche le idee! Mi risponde Goethe: l’uomo intelligente trova ridicolo quasi tutto, quello razionale quasi niente. Chiosa Caparezza: si vive di momenti tristi e divertenti, e non di momenti tristemente divertenti.
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Si domanda Giorgio Gaber: Ma se improvvisamente uno diventa giusto, come si comporta in questo mondo di sbagliati? Gli risponde Ernst Fritz Schumacher: Occorre vivere più semplicemente per permettere agli altri semplicemente di vivere. Chiosa H.D. Threau: Ciascono di noi è ricco in proporzione al numero di cose di cui può fare a meno.
Viviamo alla rovescia: non si lavora più per vivere, ma si vive per lavorare. Si scomoda addirittura Giove per darmi risposta, Odissea-Canto 1°: L’uomo chiama destino la propria imbecillità.
La decrescita è elogio dell’ozio, della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode e all’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale; non chiamare consumatori gli acquirenti, perché lo scopo dell’acquistare non è il consumo ma l’uso; distinguere la qualità dalla quantità; desiderare la gioia e non il divertimento; valorizzare la dimensione spirituale e affettiva; collaborare invece di competere; sostituire il fare finalizzato a fare sempre di più con un fare bene finalizzato alla contemplazione. La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ricollochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio. Maurizio Pallante
I problemi che stiamo vivendo in questo preciso momento storico, siano essi di carattere economico piuttosto che finanziario, sociale o ambientale, non possono essere risolti con le pseudo-soluzioni offerte dal mondo politico-economico.
Cio’ di cui abbiamo veramente bisogno non e’ altra (improbabile) crescita economica, che invece di attenuare le disparita’ sociali le aumenterebbe ulteriormente. Non sono le mirabili innovazioni tecnologiche, le quail non riuscirebbero affatto a risolvere, nonostante la presunzione, i problemi ambientali.
Cio’ che ci serve piu’ di ogni altra cosa in questo momento e’ una riforma culturale, che la Decrescita, appunto, si e’ gia’ proposta di avviare.
Come? Cambiando alcune basilari regole comportamentali della nostra vita quotidiana, scegliendo (o forse semplicemente tornando a) stili di vita un po’ piu’ sobri di quelli attuali, passando dalla competizione alla collaborazione, dalla quantita’ alla qualita’, dallo spreco al risparmio (di denaro, di risorse, di energia, di tempo, a beneficio sia dell’ambiente che soprattutto delle nostre tasche e del nostro umore).
Nessuno ne’ ora ne’ andando indietro nella storia (a parte Robert Kennedy in un suo celebre discorso, circa tre mesi prima del suo assassinio!) si e’ mai sognato di mettere in discussione il paradigma della crescita economica e del Prodotto Interno Lordo. Che si pensi alle democrazie piuttosto che ai dispotismi, al socialismo piuttosto che al capitalismo, la crescita e di conseguenza un produttivismo forsennato sono sempre stati alla base dell’agenda politica di ogni partito, nel DNA di ogni ideologia.
Oggi siamo pero’ in un particolare momento storico. Ci stiamo scontrando con i limiti di questo tipo di sistema, con quelli ambientali e, non ultimi, con quelli interiori di una specie, quella umana, che evidentemente non riesce piu’ a sostenere l’insensata guerra che ha dichiarato gia’ da un paio di secoli sia alla natura che alla propria spiritualita’, ovviamente senza alcuna possibilita’ di successo.
Cio’ che ci resta da fare e’ prendere coscienza di cio’, dei nostri limiti, delle nostre reali necessita’ e priorita’. E cio’, ormai, e’ possible attraverso una rivoluzione. Una rivoluzione, pero’, come la intende Cornelius Castoriadis: non sanguinosa, che non porti ad una guerra civile; una rivoluzione culturale, appunto, resa possible dal “cambiamento di certe istituzioni centrali della societa’ attraverso la stessa attivita’ sociale, l’esplicita auto-trasformazione della societa’ concentrata in un breve periodo di tempo… Rivoluzione significa l’ingresso dell’essenza della comunita’ in una fase di attivita’ politica”.(1)
In altri termini, cio’ che ci serve ora e’ partecipazione, che sia essa politica oppure no. Abbiamo bisogno di risvegliarci dal torpore in cui siamo rimasti immersi negli ultimi anni (se non decenni), in modo da riprendere in mano sia la situazione generale che le nostre vite, e da ridare forma al nostro mondo per riempirlo nuovamente di sostanza.
Partecipare attivamente significa anche tornare a dare la giusta importanza a due delle colonne portanti della Decrescita: la convivialita’ e l’azione su scala locale (pensa globalmente e agisci localmente!).
Per fare cio’ il Movimento per la Decrescita Felice, probabilmente il maggior esponente della Decrescita a livello nazionale, e’ strutturato in diversi Circoli territoriali. Essere un membro MDF da’ modo di entrare in contatto con persone che come noi si sono proposte di dare un reale inizio alla suddetta rivoluzione.
MDF e’ un’associazione senza scopo di lucro, formata da persone che hanno la stessa visione e che condividono i metodi ed i tempi per metterla in pratica. La quota annuale chiesta ai soci ordinari, cosi’ come il volontario apporto dei simpatizzanti, non e’ l’ennesima macchina da soldi a cui siamo purtroppo abituati (anche il sottoscritto sta scrivendo per passione, non per denaro), ma un modo per supportare le spese di base di quello che in questo momento e’ un “gruppo” di persone che hanno gli occhi ben aperti, le idee ben chiare, e che hanno deciso di passare dalle parole ai fatti.
Nel contesto sociale in cui ci troviamo, inoltre, abbiamo decisamente bisogno di ricreare legami di amicizia e di fiducia che siano solidi ed affidabili, possibilmente con individui che sanno e sanno fare, e che condividono con gli altri non solo le proprie conoscenze, ma anche l’indisponibilita’ tipica della Decrescita a farsi soddisfare rapidamente dalle vuote promesse della societa’ dei consumi. Persone che, come avrebbe detto Adorno, facilmente respingono la saggezza stolta costituita dalla rassegnazione.
(1): C. Castoriadis, “Une societe’ a’ la derive”, Seuil, Paris, 2005
Non hai avuto il mondo in eredità da tuo padre, ma in prestito per i tuoi figli! Quindi è ora di scegliere “Altro” perché quello che c’è puo’ essere migliorato cambiando in meglio:
novembre 6, 2008 alle 1:14 PM
[…] Rivoluzione Decrescita Felice […]
novembre 25, 2008 alle 7:31 am
[…] e urgente passare dal PIL al BIL (Benessere Interno Lordo), dall’economia dei capitali all’economia del dono. Smetterla di […]